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La fauna ad Alghero


LA FAUNA DI CAPO CACCIA Di Carlo Gastaldi

Sono ormai quasi quarant'anni che passeggio sia d'estate che a cavallo di capodanno per le rocce e la macchia del promontorio di Capo Caccia. Tante camminate e, soprattutto negli ultimi anni, giri in macchina a ore improponibili del mattino fino alle stradelle sterrate vicino a Porticciolo. Un tempo, quando ero ragazzo, quasi tutte le sere salivo fino alla torre della Pegna con il mio cane alla ricerca delle pernici e a guardare il volo dei grifoni sotto di me lungo gli strapiombi che dalla torre arrivano al mare. Ricordo ancora le rimesse dei voli di pernici: non ho il coraggio di tornarci! Da una parte la presenza assai più frequente di guardie si rileverebbe dannosa per il mio portafogli, dall'altra ho paura che i miei cani "continentali" non saprebbero affrontare nel modo giusto i cinghiali e, infine, cosa forse più importante ho quasi la certezza che siano rimasti ben pochi voli fra tutti quelli che ricordo.

La Sardegna presenta varie specie animali autoctone che si differenziano da quelle, simili, che si trovano in continente. Per il cacciatore di un tempo si trattava soprattutto della pernice sarda (Alectoris Barbara) ben diversa dalla pernice rossa (alectoris rufa) presente sull'Appennino o dalla coturnice (alectoris saxatilis) della Sicilia, delle Alpi e delle vette appenniniche. Mi risulta che l'alectoris barbara oltre che in Sardegna si trovi anche sulle montagne del nord Africa e forse qualche esemplare in Corsica. La pernice sarda era un emblema della "selvaggina" sarda. Fino a tutti gli anni cinquanta una cacciata a pernici non era tale se non contemplava almeno 7-8 capi per cacciatore. Oggi il calendario venatorio prevede 3 giornate con limiti di carniere molto severi ma, forse, ancora troppo abbondanti: amici cacciatori mi parlano di 2-4 pernici incarnierate a stagione! Se ci fosse una seria politica del territorio bisognerebbe impedire la caccia per due tre anni ma i limiti all'esercizio venatorio possono essere giusti solo se uniti a un serio lavoro di "allevamento". Anche in Spagna stentano, nonostante gli sforzi, ad ottenere risultati nella difesa della pernice rossa. In Sardegna cosa si fa? Che ricerche sono state intraprese? Quanti soldi sono stati investiti per una specie tipicamente locale? La riduzione delle pernici a Capo Caccia (ex colonia penale trasformata direttamente in area demaniale) dove la caccia è  vietata da sempre dimostra che la protezione della pernice sarda non si fa con i divieti ma con una adeguata gestione del territorio e la creazione di aree a produzione di cereali alternate a cespugliati e al bosco. Sul promontorio di Capo Caccia da più di quarant'anni, per fortuna, non ci sono incendi e la macchia di ginepri e lentischi ha raggiunto spesso l'altezza di 3-4 metri. Il sottobosco è scarso e fornisce poco alimento agli uccelli granivori e, probabilmente, i cinghiali che si sono moltiplicati a dismisura distruggono buona parte delle covate. Questo territorio potrebbe essere l'ideale per un progetto di ricerca sulla pernice: non si può più costruire, esiste un apposito Ente Parco con personale adeguato ed è raggiungibile da Sassari in mezz'ora per cui il lavoro dei ricercatori si potrebbe svolgere senza troppi costi di trasferta e Sassari ha una Università completa che dovrebbe poter fornire teste (professori) eccelse e mano d'opera (studenti) appassionata. Ancora un accenno a un uccello che qui a Capo Caccia ha vissuto momenti di gloria ma che non si vede più: il grifone (gyps fulvus)!

Asinelli albini dall'Asinara nel parco di Porto Conte.
Asinelli albini dall'Asinara nel parco di Porto Conte.

In questa zona era stato organizzato un centro di recupero dei nidiacei che venivano recuperati in giro per la Sardegna; era stato organizzato un carnaio, dove venivano abbattuti capi bovini e ovini, che forniva alimento ad una colonia di grifoni che per anni è stata in crescita. Quasi tutti i giorni, anche dalla spiaggia, era possibile ammirare il loro volo: sono ormai 5-6 anni che non ne vedo più uno! Mi hanno detto, ma non voglio crederci, che i soliti animalisti benpensanti hanno fatto in modo che non fosse più possibile rifornire il carnaio e le coppie di grifoni si sono allontanate alla ricerca di zone a maggior concentrazione di pastorizia dove sopravvivere. Mi è stato anche detto che il declino della popolazione locale è iniziato nel 1999 a seguito dell'utilizzo di Bocconi avvelenati per l'eliminazione delle volpi. Chi avrebbe compiuto il misfatto? Perché? Quanti Bocconi sono stati sparpagliati per la campagna? Non si sarebbe dovuta osservare una strage di volpi e altri animali? Com'è che i rapaci proliferano e i grifoni sono scomparsi? Comunque sia, un parco non dovrebbe solo monitorare l'andamento delle popolazioni selvatiche ma anche cercare e sperimentare soluzioni che permettano di invertire le tendenze negative! Non sono aggiornato sullo stato di salute della popolazione di grifoni in Sardegna ma credo che tornare a creare una zona come era Capo Caccia dove si abbia una buona concentrazione di uccelli sia favorevole per la protezione di animali antichi che le regole sempre più strette di smaltimento delle carcasse degli animali morti in campagna (regole peraltro fondamentali per la salute pubblica)  condannano a sicura estinzione. Sempre in quegli anni lontani (1970-80) a Capo Caccia è iniziato un piano di reinserimento in terra sarda del daino: l'avevano importato in Sardegna i Fenici. Arrivava dall'Asia qui si è riprodotto trovando condizioni ottimali; Vittorio Emanuele II volendo cacciare il daino sardo e trovando che la trasferta venatoria era troppo lunga ne fece portare alcuni nella riserva di San Rossore in Toscana ove prosperarono. Negli anni '70 alcuni soggetti fecero il viaggio di ritorno visto che in Sardegna si erano quasi estinti. Arrivarono a Capo Caccia e per anni sono cresciuti "in sordina". Quando il numero è cresciuto hanno iniziato a farsi vedere e oggi al mattino presto e durante la notte è facile incontrarli mentre attraversano la strada o pascolano fra i cespugli. Ce ne sono sempre, all'alba, di fronte all'hotel Baia di Conte. Alle 7,30 (l'ho constatato oggi) tornano nel profondo del bosco. Di notte, non andrebbe quasi detto visto che è ormai frequente in tutta la Sardegna e in molte aree del continente, bisogna sempre guidare piano e con gli occhi ben aperti: il rischio di scontrarsi con un cinghiale è alto e in una zona come questa oltre al danno (alla macchina) c'è la beffa di rischiare anche una multa! Del cinghiale, è facile vedere le tracce ma lui, spesso, anche per un osservatore attento è solo una macchia più scura in mezzo ai cespugli. Spesso li si possono vedere all'alba o all'imbrunire nel villaggio turistico di Pischina Salida. Stanno vicino al ristorante credo alla ricerca di cibo "economico" dal punto di vista del consumo di energia: sono begli animali neri e di costituzione robusta, non sono grossi (in Sardegna difficilmente superano i 50-60 Kg) ma hanno una velocità ed un'agilità quasi insospettabile in animali così brevilinei!

Cavallo selvatico nel Parco di Porto Conte ( Capo Caccia)
Cavallo selvatico nel Parco di Porto Conte ( Capo Caccia)

Non riesco, a memoria, a datare tutti gli eventi che hanno influenzato la fauna di Capo Caccia. Direi comunque che negli anni ottanta gli amministratori della Riserva Demaniale (oggi Parco) hanno deciso che questo bel promontorio doveva diventare un rifugio sicuro per tutti i grossi mammiferi della fauna sarda. Sono stati importati alcuni cavallini della Giara (che sono gli ultimi cavalli selvaggi d'Europa) che si sono ben ambientati, ormai sono presenti varie mandrie, e sono facili da vedere per chi decida di seguire le strade che passano intorno al monte Timidone. Solo un po' di storia: sull'altipiano della Giara sono sopravvissuti questi cavallini perché solo alcune famiglie dei paesi limitrofi avevano il diritto di catturarli e domarli. Quando il cavallo non ha avuto più interesse come animale da lavoro, purtroppo, quelle stesse famiglie hanno pensato di inserire qualche stallone di razze più pesanti per sfruttare i branchi come produttori di carne. Non so l'esito di tale "esperimento" ma, sicuramente, il rischio di perdere un patrimonio genetico particolare ed antico è molto alto! Dopo i cavallini della Giara sono arrivati anche gli asinelli albini dall'Asinara (equus asinus var. Albina): ce n'è uno che spesso si vede passeggiare fra l'hotel Baia di Conte e il Tramariglio. Altri non ne conosco ma sono sicuro che, anche loro, godono di buona salute.

Dedicando all'osservazione abbastanza tempo si potranno incontrare anche volpi, conigli, tartarughe, corvi imperiali (corvus corax) e raramente, verso Porticciolo, capita anche la lepre sarda (lepus capensis mediterraneus) più piccola della lepre europea, con le orecchie e le gambe in proporzione più lunghe, altro endemismo dell'Isola.

Cinghiali domestici del Parco di Porto Conte (Capo Caccia)
Cinghiali domestici del Parco di Porto Conte (Capo Caccia)

In conclusione: Capo Caccia ha sicuramente una popolazione di animali selvatici estremamente ricca e varia. Soffre della strana idea, tutta italiana, che la natura si possa "ingessare" e non si tiene conto che, al contrario, anche senza l'intervento dell'uomo continua a evolversi favorendo nel tempo ora alcune specie, ora altre. Tagli programmati e "ragionati" della macchia che prevedano cicli di 40-60 anni potrebbero supportare tutte le varie specie selvatiche rendendo questo territorio, già così ricco, ancora migliore e meglio "sfruttabile" dagli appassionati. Anche l'idea di organizzare gite guidate e di far pagare l'ingresso non sarebbe disdicevole!